Ondina Valla...mi manca!

17 Ottobre 2006, è mattina presto e sto sfogliando uno dei tanti quotidiani che ho la fortuna di poter leggere, bisogna tenersi informati su tutto ed è un bene anche se, l’opportunità di confrontare in tempo reale giornali di diversi orientamenti politici, ti fa capire senza ombra di dubbio come una stessa notizia possa essere descritta con toni e sfumature diverse, ad ogni modo arrivo alla cronaca sportiva, faccio per girare pagina quando qualcosa cattura la mia attenzione, una intera pagina, molte foto in b/n ed il suo cognome in grande, inizio a leggere l’articolo come ipnotizzato e quando, tra me e me, ripeto quel nome la mia memoria si mette in moto.
Come spesso capita il fenomeno è meraviglioso e continua a stupirmi, basta un nome, una foto, una via, a volte persino una lieve percezione e come per magia si spalancano finestre solo apparentemente chiuse, dalle quali escono in un vortice di sensazioni ricordi a volontà, e neanche possiamo dire che qui si stiano menzionando fatti più o meno recenti, viceversa si va indietro negli anni ed anche di molto e così, senza pensarci due volte, sono partito alla ricerca della famosa “Arca perduta”, ovverossia i miei vecchi album di figurine, tante raccolte varie custodite, mi sembra inutile dirlo, gelosamente, tra le quali spiccano quelle sul calcio.
Non è necessario aggiungere nulla a riguardo del senso di meraviglia che provo mentre, con attenzione, osservo l’oggetto delle mie ricerche e lo giro e rigiro tra le mani, la data riportata in copertina dice anno IV n.3 Settembre 1968 ed è una delle raccolte delle edizioni Panini Modena dedicate ai campioni dello sport – OLIMPIADI, proprio quello cerco perché alla fine so che l’oggetto dei miei ricordi è Lei, Ondina Valla e tutto quello che le ruota intorno; evidentemente anche a distanza di così tanti anni il destino di questo personaggio è legato ad una ricerca, oggi è ritrovare l’album (mica tanto facile considerata l’enorme mole di materiale di ogni tipo messo via), ieri invece riguardava la raccolta stessa ed era francamente molto più complicato perché Lei rientrava tra le figurine “rare”, cioè tra quelle che non era facile trovare e senza le quali l’album restava malinconicamente incompleto, e per noi giovani e tignosissimi collezionisti non poteva esserci cosa peggiore!
Insomma la triste notizia della scomparsa di questa grande rappresentante dell’atletica leggera italiana ha aperto una di quelle famose finestre di cui si parlava prima, ricca di ricordi belli e coinvolgenti, quelli che ci parlano degli album delle figurine e della nostra fanciullezza, ma andiamo con ordine e prima di tutto per il rispetto dovuto parliamo di lei, dell’Ondina nazionale.
In realtà il suo vero nome era Trebisonda la cui origine non è poi così chiara, tanto per cominciare nel 1930 a 14 anni aveva già vinto il titolo italiano degli 80 hs, dell’alto da fermo e dell’alto (teniamo conto che il suo record dell’alto del ’37 avrebbe resistito ben 18 anni), ma sarà ricordata per sempre perché alle Olimpiadi del 1936 svoltesi a Berlino vinse la medaglia d’oro agli 80 hs, la prima vinta da una ragazza italiana, una medaglia che le fruttò un premio di ben 5000 lire e l’incontro, con lei unica donna, a Palazzo Venezia con Mussolini e tutti i medagliati di Berlino; ma il destino sempre in agguato ci mise lo zampino e, colpa degli allenamenti sbagliati, una spondilosi vertebrale nel 1940, a soli 24 anni, interruppe una carriera che si preannunciava di tutto rilievo così, nel 1944 si sposò e si trasferì a L’Aquila.
Ma torniamo all’album ed alle sue figurine, si parla del 1968, una data importante per il calcio italiano perché dopo la disfatta coreana e la relativa eliminazione ai mondiali del 1966 giocati in Inghilterra la nostra nazionale riesce finalmente (non accadeva dal mondiale del ’38) a vincere qualcosa, la terza edizione dei Campionati Europei, il torneo continentale voluto dal francese Henri Delaunay e che vide nella prima edizione in Francia la vittoria dell’URSS di Lev Jascin contro la Iugoslavia per 2 a 1, nella seconda invece disputatasi in Spagna vinse proprio la nazionale di casa, la quale sconfisse in finale l’URSS sempre per 2 a 1 mettendo in luce un certo Luis Suarez, che da li a poco dal Barcellona si trasferirà all’Inter.
In finale l’Italia ci arrivò in maniera fortuita, il lancio della monetina con l’URSS dopo ben 120 minuti di gioco andò bene agli azzurri (la roulette dei rigori ancora non esisteva) e Facchetti potè ritornare in campo a festeggiare con la squadra l’accesso alla finale di Roma, finale che ebbe bisogno di due partite, la prima giocata l’8 giugno 1968 fini 1 a 1 dopo i supplementari con reti di Dzajic e pareggio di Domenghini, la seconda due giorni dopo terminò invece in maniera perentoria 2 a 0 per l’ Italia con reti di Riva e Anastasi, indimenticabile l’invasione serale dei tifosi festanti in campo con sullo sfondo il tabellone luminoso che ricava la scritta gigante ITALIA!!!
Nel campionato italiano il 1967/68 vide il trionfo del Milan, il cui presidente era Franco Carraro (!) con allenatore Nereo Rocco, con 46 punti, seguirono distanziate il Napoli con 37 e la Juventus con 36, la nostra Roma si piazzò al decimo posto a pari punti (27) con la Sampdoria, teniamo conto che in serie B retrocessero Spal e Brescia con 22 punti e il Mantova con 17, sempre la nostra Roma vinse 7 partite, ne pareggiò 13 e ne perse 10, segnò 25 reti ma ne beccò 35, il derby non si disputò perché la Lazio era in B, ci restò anche l’anno successivo, tornò nella massima serie nel campionato 1969/70, dove si piazzò al 7° posto con 29 punti mentre la Roma non fece di meglio chiudendo all’8° con 28 punti.
Le due pagine riguardanti proprio la Roma fanno riferimento alla raccolta Panini del 1967/68, nella formazione figurano giocatori che hanno fatto la storia della società, Giacomo Losi e Alberto Ginulfi senza dimenticare il povero Giuliano Taccola e il non figurante (ancora per poco) Franco “Ciccio” Cordova, che tra non molto entrerà nel cuore dei tifosi capitolini!
Nel cuore di noi adolescenti invece c’era spazio solo per le figurine, ed i calzoni corti che portavamo dovevano sopportare prove incredibili, per la verità erano le tasche che erano sottoposte ad allargamenti al limite della rottura, colpa questo delle quantità industriali di figurine che riuscivamo a portarci dietro, mazzi tenuti ben stretti da elastici poderosi che a malapena riuscivamo a tirar fuori e che rappresentavano il bene più prezioso, pronto ad essere utilizzato per i classici scambi oppure per le interminabili disfide a pari e dispari, battimuro, mucchietto o a chi li tirava più lontano, naturalmente il mucchio di figurine era destinato a crescere per il semplice motivo che aumentavano i doppioni, mano mano che la raccolta andava avanti (con grande gioia dei sig. Panini, anzi del direttore della loro banca…) si entrava automaticamente nel settore “rare”, era matematico, l’album oramai agli sgoccioli e le figurine mancanti si contavano sulle dita di paio di mano.
Il nostro gruppetto di giovani collezionisti a quel punto era costretto ad affrontare trasferte (!) lontanissime per l’età in questione, andando a scovare nei posti più impensati edicole che, a detta di soliti ben informati, riuscivano ad avere non si sa come i pacchetti con le rare, oggi la cosa farà senz’altro sorridere ma all’epoca da ridere sull’argomento non c’era molto, servivano le edicole giuste coi pacchetti giusti, tutto il resto contava poco, anche perché c’era da tener conto pure di un altro particolare, anch’esso importante, una regola non scritta ma tacitamente accettata da tutti noi, la quale diceva che la raccolta andava finita regolarmente solo attraverso i pacchetti o gli scambi.
Questo accordo escludeva praticamente la richiesta scritta fatta alla Panini che ti permetteva di finire la raccolta senza difficoltà, proprio per questo la si vedeva come una scorciatoia subdola, un modo furbo di mostrarsi più bravo degli altri e noi invece volevamo giocare ad armi pari, Ondina Valla era una di quelle rare vere, capace di scatenare ricerche ad ampio raggio… chilometrico, inutile dire che c’era il solito “bucioso” tra gli amici che ne aveva addirittura due pretendendo per entrambi un numero imprecisato di figurine, giornaletti vari ed il razzo ATLAS che si lanciava con l’elastico e scendeva lentamente aprendo il paracadute.
A proposito di missili, da non dimenticare anche la parte regali della raccolta, attraverso la raccolta delle cosidette valide si potevano vincere dei ricchi premi che per noi tutti rappresentavano la chicca finale, per i comuni mortali era già molto arrivare a 1000 valide, altri invece erano miraggi difficilmente raggiungibili, vedi il calcio balilla con gambe, roba da veri signori.
Ma non c’era solo Lei tra le rare, ricordo bene Antonio Petrobelli (Motonautica), Gianni Ferretti (Pattinaggio) e Gian Giorgio Trissino (Equitazione), quest’ultimo al pari di molti altri atleti semplicemente disegnato, avete capito bene, una figurina disegnata ma all’epoca questo particolare non rivestiva nessuna importanza, ciò che realmente contava era finire al più presto la raccolta di figurine attenendosi alle nostre regole, anche se disegnate, anche se rovinate e spiegazzate da lunghi soggiorni nelle strette tasche dei nostri calzoni corti, anche se frutto di lunghe e dispendiose ricerche in autobus o più pericolosamente in bicicletta verso edicole lontane…
E così rileggere quel nome e cognome mi ha ricordato questo ed altro, una parte importante della nostra infanzia, quella nella quale siamo cresciuti in maniera semplice ma intensa e nella quale il gioco lo era nel vero senso della parola, quella che ci ha visto davvero protagonisti per strada e sui prati, a pane e pallone tutti i giorni.

 

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